Vai al contenuto
Home » Lavoro » Conciliare vita e lavoro » “Ne riparliamo a settembre”

“Ne riparliamo a settembre”

“Ne riparliamo a settembre”. Una frase breve, apparentemente innocua, che però porta con sé anni – forse decenni – di abitudini, convinzioni e meccanismi profondamente radicati nel tessuto lavorativo e culturale italiano.

A fine luglio, questa espressione diventa un vero e proprio mantra. Riempie le caselle di posta, chiude le telefonate, spegne discussioni accese con la promessa (più o meno vaga) di una ripresa futura. Ma nel 2025, ha ancora senso questo rinvio automatico?


In Italia agosto è sempre stato il mese del silenzio lavorativo: uffici chiusi, risposte automatiche, telefonate ignorate. Un’eredità del boom economico degli anni ’60 quando il “tutti al mare” non era solo uno slogan, ma un intero modello sociale.

Eppure oggi il mondo non si ferma più. I mercati sono globali, la digitalizzazione ha sfumato i confini tra stagioni, settimane e perfino orari di lavoro. Le mail arrivano ovunque, le opportunità bussano quando meno te lo aspetti. Il rischio? Perdere tempo prezioso solo per conformarsi a un’abitudine che forse non è più utile.


Alcuni professionisti vedono in agosto un’opportunità. Meno rumore, meno urgenze, più tempo per pensare. È il mese perfetto per dedicarsi a ciò che durante l’anno resta in fondo alla lista: formazione, pianificazione, decluttering digitale, bilanci personali.

Per i liberi professionisti, per chi lavora in mercati esteri o in settori non stagionali, l’estate può diventare addirittura strategica. Non si tratta di “non andare in vacanza”, ma di vivere agosto in modo diverso: rallentare, sì, ma senza scollegarsi del tutto. Essere presenti con più lucidità, meno pressione.


C’è un altro lato, impossibile da ignorare: quello umano. Il bisogno fisiologico, mentale ed emotivo di staccare. Agosto non è solo un freno lavorativo, ma anche un diritto al riposo, alla rigenerazione, alla noia creativa. Il problema non è la pausa in sé, ma il fatto che per molti diventa l’unico momento per respirare in un anno fatto di rincorse e straordinari.

Forse, allora, la domanda giusta non è se agosto debba essere “attivo” o “in pausa”, ma se non sia il resto dell’anno a dover essere ridisegnato. Serve più equilibrio, più distribuzione del carico, più pause consapevoli.


Rimandare tutto a settembre può sembrare rassicurante. Ma può diventare un’abitudine sterile se fatta per inerzia. In certi casi, è solo un altro modo per procrastinare decisioni che richiederebbero chiarezza proprio ora, quando tutto è più quieto.

Chi lavora su sé stesso, chi cerca un nuovo lavoro, chi vuole innovare, chi ha progetti in incubazione sa bene che l’estate non è solo un ponte verso settembre: è il momento giusto per seminare.


“Ne riparliamo a settembre” può ancora avere senso, ma va usata con consapevolezza. Non come interruttore automatico, ma come scelta ponderata. La differenza la fa l’intenzione: se agosto è davvero tempo di ricarica, ben venga. Ma se diventa un modo per non affrontare ciò che conta, forse è il momento di ripensare il nostro modo di vivere il lavoro – e il tempo.

Settembre arriverà, puntuale. Ma ciò che ne faremo dipenderà da come abbiamo scelto di attraversare agosto.