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Settimana corta: l’esperimento britannico è un successo

La settimana corta raggiunge un importante traguardo nel Regno Unito dopo l’incredibile successo dello studio condotto da 4 Day Week Global. Si tratta dell’esperimento più grande al mondo su questo tema.

I suoi risultati sono stati ascoltati anche dall’Italia. I sindacati, infatti, hanno iniziato a muoversi per introdurre la settimana corta spinti dal test inglese. Fim Cisl già propone una versione “all’italiana” dei 4 giorni lavorativi. Vediamo insieme tutti i dettagli.


settimana lavorativa

Iniziamo facendo chiarezza su questo tema che ancora non è così conosciuto nel nostro paese. Con settimana corta si intende quella filosofia di lavoro che riduce la settimana lavorativa da 5 a 4 giorni mantenendo la stessa retribuzione. Si tratta di un tema su cui si sono già fatti numerosi esperimenti con risultati molto promettenti (come quello britannico di cui parleremo tra un attimo).

Questa trasformazione è anche dovuta al fenomeno della digitalizzazione che ormai è diventata fondamentale per le aziende. Inoltre la pandemia ha radicalmente cambiato le priorità dei lavoratori che non considerano più solo lo stipendio, ma anche altri aspetti come:

  • smart working
  • buoni pasto
  • flessibilità oraria
  • filosofia aziendale
  • luogo di lavoro (anche lo stesso ufficio)

Dunque, sempre di più si sta affermando il bisogno di poter conciliare il lavoro con la propria vita privata. Ed è proprio qui che entra in gioco la settimana corta.


I benefici sono molti sulla carta, soprattutto per i lavoratori, ma anche per le aziende:

  • Lavoro maggiormente sostenibile
  • Maggiore attrattività dell’azienda per i giovani talenti (che sempre di più scappano all’estero)
  • Riduzione burn out
  • Lavoro più produttivo

Pur avendo avuto ottimi risultati, gli esperimenti effettuati fino ad oggi erano stati sottoposti a campioni relativamente ridotti. Per questo motivo la maggior parte degli economisti aveva invitato a prendere i dati con cautela.

Un recente studio però cambia le carte in tavola. Ma per questo dobbiamo guardare fuori dal nostro paese.


settimana lavorativa regno unito

La settimana corta è una realtà già esistente in alcuni paesi, con discreto successo. In particolare, nel Regno Unito si è tenuto recentemente lo studio più importante al mondo sull’adozione della settimana corta.

Coordinato dall’organizzazione 4 Day Week Global e dal centro di studi inglese Autonomy, l’esperimento ha coinvolto 2.900 dipendenti e 61 aziende nell’arco di tempo di 6 mesi tra giugno e dicembre 2022. I dipendenti hanno lavorato in media 34 ore a settimana percependo lo stesso stipendio, ma con 4 giornate lavorative invece di 5.

Risultato? Il 92% delle aziende hanno scelto di continuare ad adottare la settimana lavorativa corta e 18 di queste in maniera definitiva. Inoltre:

  • Non c’è stata una variazione negativa della produttività
  • C’è stato un maggior benessere per il lavoratori
  • Migliorato l’equilibrio lavoro/vita privata
  • Diminuzione delle dimissioni

Dopo i risultati positivi di Londra i sindacati italiani si sono mossi per proporre l’adozione della settimana corta anche in Italia. Fim Cisl si era già mossa lo scorso anno al proprio congresso di Torino proponendo una versione lavorativa con 4 parti di attività piena e ⅕ di riduzione d’orario. Questa riduzione poteva anche essere convertita in formazione o carichi di cura.

La notizia relativa alla positiva sperimentazione della settimana corta nel Regno Unito in 61 aziende con interessanti risultati sia per le aziende che per i lavoratori deve aprire anche in Italia un confronto tra parti sociali nella stessa direzione. È tempo di regolare il lavoro soprattutto nel settore manifatturiero in modo più sostenibile, libero e produttivo – sostiene Roberto Benaglia, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl.

I salti tecnologici ed organizzativi che la digitalizzazione e il lavoro per obiettivi stanno avvenendo in tante aziende metalmeccaniche ci devono spronare a gettare il cuore oltre l’ostacolo. È possibile ripensare gli orari aziendali e ridurli non contro la competitività aziendale ma ricercando nuovi equilibri e migliori risultati. Non si tratta di ridurre gli orari in modo generico come nel secolo scorso ma di rendere il lavoro maggiormente sostenibile e flessibile verso i bisogni delle persone significa rendere i posti di lavoro più attrattivi, in una epoca dove tanti lavoratori, soprattutto giovani di talento, stanno cambiando posto di lavoro e le competenze si muovono nel mercato del lavoro”.

Un esempio concreto 100% Made in Italy è quello di Intesa Sanpaolo che ha introdotto su base volontaria la settimana corta di 4 giorni con 9 ore lavorative giornaliere (sempre a parità di retribuzione) senza perdere in produttività.


Sono in molti a spingere nell’adottare questa nuova filosofia, ma le PMI potrebbero frenare l’entusiasmo. Infatti, sono molte le aziende private che hanno deciso di tornare al lavoro in presenza dopo la pandemia rinunciando ai benefit per i lavoratori derivanti dallo smart working.

Non aspettiamoci quindi di vedere la settimana corta “a breve”.